Chi
raggiunge risultati straordinari ha sviluppato uno dei talenti più preziosi: motivare se stesso e gli altri. Ma dove
trovare le risorse per alimentare la nostra motivazione? Il motore della motivazione è sempre uno: l’emozione. Tutte le
teorie sulla motivazione partono dalle emozioni e dalla capacità di dominarle
in vista del raggiungimento di un obiettivo.
Nuoce alla spinta motivazionale una
mancanza di autocontrollo sulle emozioni, un elevato livello di ansia,
preoccupazioni esterne, cattivo umore o un’eccessiva apprensione rivolta al
risultato.
Sono
invece a favore della spinta
motivazionale un rilassamento preventivo (alla base anche di tutte le tecniche
di apprendimento e memorizzazione), un adeguato livello di ansia, un’attenzione
rivolta al compito e non al risultato, un’elevata inclinazione alla speranza,
buon umore e senso di autoefficacia. Insomma, si tratta di porre la propria
mente in uno "stato" particolare.
Ora
osservate attentamente le tre foto qui sopra e soffermatevi sulla sensazione
istantanea che esse suscitano. Proviamo a chiederci cosa stava passando in quel
momento nella testa del nuotatore, del direttore d’orchestra, del
cardiochirurgo. Io ne sono sicura: in quel momento per loro nulla esisteva al
di fuori di quello in cui erano impegnati…
Ognuna di
queste tre persone sta dunque vivendo quello che è stato definito dagli
studiosi della motivazione, lo “stato di
grazia” della mente.
La cosa bella è che si tratta di una condizione che tutti noi conosciamo molto bene e che abbiamo sperimentato più volte nella nostra vita. A chi non è mai capitato di essere talmente concentrato nella propria attività da non accorgersi del tempo trascorso, o che nel frattempo si è fatto buio, o che ci hanno rivolto la parola e probabilmente abbiamo pure automaticamente risposto?
La cosa bella è che si tratta di una condizione che tutti noi conosciamo molto bene e che abbiamo sperimentato più volte nella nostra vita. A chi non è mai capitato di essere talmente concentrato nella propria attività da non accorgersi del tempo trascorso, o che nel frattempo si è fatto buio, o che ci hanno rivolto la parola e probabilmente abbiamo pure automaticamente risposto?
A me
capita talvolta, e quando succede è sempre perché sto facendo qualcosa che mi
piace moltissimo…
A definirlo un vero e proprio “stato di grazia” è stato il maggior studioso del fenomeno, il professor Mihaly Csikszentmihalyi, noto anche per i suoi studi sulla felicità, sulla creatività e sull’apprendimento, il quale ha precisato le condizioni necessarie per raggiungere questo particolare stato.
A definirlo un vero e proprio “stato di grazia” è stato il maggior studioso del fenomeno, il professor Mihaly Csikszentmihalyi, noto anche per i suoi studi sulla felicità, sulla creatività e sull’apprendimento, il quale ha precisato le condizioni necessarie per raggiungere questo particolare stato.
Gli studi
sono partiti proprio dall’osservazione del comportamento dei grandi campioni
sportivi, degli artisti e delle persone dotate di particolare genialità. Ciò
che colpisce in queste persone è sempre la straordinaria
capacità di automotivarsi e di sopportare durissimi programmi di studio e
allenamento. E’ proprio questo massimo livello di concentrazione e
automotivazione che Csikszentmihalyi ha definito flusso (Flow). In
seguito il flusso è stato considerato la massima espressione dell’intelligenza
emotiva (Goleman).
E dunque,
come si entra nello stato di flusso?
Una
condizione l’abbiamo già individuata: 1) quello che stiamo facendo ci piace, ci
stimola, ci appassiona, e tale diventa il coinvolgimento; 2) il livello di
concentrazione è tale da perdere quasi la consapevolezza di ciò che si sta
facendo (ma l’ho fatto veramente io? ma come ho potuto arrivare a tanto?); per
certi versi potremmo azzardarci a definirlo quasi uno stato di “trance”: la
concentrazione e l’impegno sono massimi. La persona è talmente assorta nell’azione
da fare apparire l’azione naturale. 3) I nostri scopi sono chiarissimi. Più
entriamo nello stato di flusso, più gli obiettivi diventano definiti e
raggiungibili e 4) sia internamente che esternamente abbiamo costanti feedback
che ci fanno capire quanto le cose stiano andando davvero bene. Pur in uno 5) stato
di “alterata” percezione del tempo, dello spazio, degli eventi circostanti -
quasi come se tutto il resto fosse sospeso o abbandonato – 6) non si ha mai
nessuna sensazione di mancanza di controllo della situazione (si ha la percezione di
avere tutto sotto controllo e di poter dominare la situazione). In questo stato
si raggiunge 7) la massima padronanza dei propri stati emotivi: la persona sa che l'attività è fattibile e che le abilità che possiede sono adeguate allo scopo e saranno utilizzate al massimo ma non oltre (non c'è ansia né noia).
Un punto
fondamentale dello stato di “flusso” risulta essere la 8) motivazione
intrinseca del soggetto che agisce proprio per il piacere stesso di svolgere
l’azione e non per ciò che può ottenere. Il flusso e tutti gli stati positivi
che lo caratterizzano costituiscono anche il miglior metodo di insegnamento in
quanto basato su motivazioni interiori e non su obblighi esterni. Tutto ciò fa
riflettere su quanto sia fondamentale incanalare le nostre emozioni verso il
piacere di “fare quel che si fa” senza ostinatamente porre come condizione il
risultato o la valutazione finale.
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